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Ero un vento 

Immagine del redattore: micaeljackobsmicaeljackobs


Ero un vento nato da una concavità della terra un urlo diafano che tentava l'uscita dalla maldicenza della sabbia e la sconsideratezza della roccia plasmavo il mio cammino insieme ad altri venti e come loro e più di loro e meno di loro mi facevo trasportare toccavo fiumi e ritagli di tempo con l'intensità di una bufera accarezzavo le sorti di una scelta che fu cenere e miseria Ero un vento caldo al mattino gelido la notte una mutazione della maschera che in noi si apre al mondo e sorride come bachi tra i denti mele cadono durante il loro distacco marce spazzatura di un secolo mai troppo per loro mai troppo per noi sempre troppo per me Ero un vento passante sotto i ponti dell'infinita speranza lievemente sollevare l'acqua la scia addosso come manto cappotto di leggera noncuranza mi lasciavo sballottare perseguitare inseguire dentro strade sconosciute vicoli rioni piazze dentro cannoni pronti ad esplodere rabbia polvere da sparo pronta a morire prima di colpire Ero un vento complesso difficile tortuoso un macigno dalle mille incrinature una luna nera oppure la parte mancante del sole della stella che non c'era non c'era proprio niente che potessi fare che avessi potuto sostenere due colonne d'ercole ad un bivio autostradale Ero un vento poco corrotto dalla vita per questo sofferente riottoso al solito cammino una passeggiata senza scarpe in un letto di petali come fanno tanti come credono in tanti come vedono in tanti e loro non lo sanno che non sono petali nel cammino ma sangue freddo gelido stancante un percorso di difficile interezza perché la difficoltà ti fa uomo ma il suo continuo proseguimento ti fa vittima Ero un vento piangente voci d'altri quanti suoni rimbombi frastuoni segnali di un tempo lacero contuso Ero sinceramente un vento stanco che un giorno decise di volarsene via lontano lontano da tutto lontano da chiunque avrebbe potuto essermi vicino lontano dagli schemi dalle idiosincrasie sanguinarie lontano dalla massa che genera massa e la trita come carne da affannato macello e quanto ancora lontano corsi così lontano fluttuando nell'aria già torbida fuoco oltrepassai le radure del oblio i mari del proprio passato ogni sasso che in uno stagno troppo sporco era ormai sprofondato andai oltre oltre ogni bivio trivio o declino di strada sterrata poi una salita e li fu gran fatica planare la morte che dietro la coda stringeva mi aggrappai all'entusiasmo spento di una carrozza di zucche fino a giungere dove sono ora dove ero un tempo dove sarò per sempre un pertugio un angolo segreto un portale dell'incoscienza e chiuso i battenti di una porta girevole al contrario spensi la luce che già non c'era gira e rigira ero già tenebra vera Era un tempo non importa come passato futuro presente Fui un vento persistente tanti ma tanti secoli addietro ora un mancato respiro mai veramente compreso. M.J

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