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Valentina
10
Bravo Micael. Hai tolto!
Continuo il racconto sennò si fa notte ed il mio tempo è sempre meno.
Londra
Distesa sul letto la mano del ragazzo sfiorò la A. Quasi non me ne accorsi da quanto fu veloce e credimi Micael io sono molto veloce. Poi non accadde più niente. Rimase fissa sulla A.
Allora pensai che o mi prendeva per il Q e non c'era nessuno dentro di lui ma solo un ragazzo isterico con grandi capacità d'attore o non so, aveva timore a mostrarsi.
A mali estremi ottimi rimedi.
Gli montai sopra. (Ora capisco che potresti pensare male , data la posizione ma vai oltre Micael)
Agitai le braccia enunciando una formula evocativa. In pratica mi serviva per sentire cosa c'era dentro lui , ora che ero partecipe del suo contatto fisico.
Niente.
Non accadde niente.
Eppure in cuor mio sapevo che qualcosa c'era.
Altra formula. Ancora più potente. Era come un richiamo al passaggio da un corpo che si rovina ad uno in perfetta armonia fisica . (Il mio)
E li accadde.
Aprì un occhio.
Ora Micael, sono abituata a certe cose. Altre me le aspetto. Ma decisamente vacillai. Non per l'occhio aperto; per la formula.
Ripetette la formula senza aprire bocca.
All'inizio pareva dirla con l'occhio aperto. Compresi subito dopo che mi era entrato in testa.
Non compresi che lingua usasse. Lo capivo. Ma non era ne latino, ne inglese, ne italiano.
La cosa terrificante fu che ripetette la mia stessa formula con il diverbio finale.
Ora per gli scettici e i non addetti a certe arti, il diverbio finale o (rivolta) come lo chiamo io , è l'annullamento immediato della formula che io stessa avevo enunciato.
In pratica aveva ripetuto le mie parole dando loro un senso di fine compimento.
Lo so è un po complesso ma ci arriverai.
Sono pazza I know. Gli afferrai il collo con una mano e pronunciai un'altra formula. (Te le evito tanto non le capiresti)
Strinsi forte. Pensai tra me e me “O vediamo!”
Aprì l'altro occhio. Ripetette la stessa formula con il fine compimento.
“Cazzo!” Mi venne da dire.
“Da dove vieni?”
E lui rispose guardandomi fisso immobile. Non rispose con la bocca. Con la sua mente dentro la mia.
Disse: “Vengo da molto lontano, ad un passo da te.”
Mi diede i brividi.
A me. Pensa te Micael .
Gli dissi.
“Bene, mostrati!”
Non feci in tempo ad ascoltare risposta.
Si alzò di scatto con me sopra.
Indietreggiai nel letto e caddi di sotto.
Era potente. Ora lo sentivo a pieno.
Credo mi aspettasse appena mi fossi alzata. Strinsi lo spillo con la mano , pronta a colpirlo .
Me lo vidi arrivare improvvisamente addosso.
Mi schiantò verso la porta.
Mi prese con una mano al collo.
Non compresi molto. Troppo veloce.
Cercai di colpirlo con lo spillo. Mi strinse piu forte al collo e mi fece cadere quella piccola arma .
Stavo soffocando.
Non riuscivo a parlare. Non potevo dire niente. Non credo che nessuna formula sarebbe comunque servita.
Riuscì a dire “Chi sei?”
Stringeva.
Gi diedi una botta nelle palle.
Rimase impassibile.
Cercai di divincolarmi. Era troppo forte.
Non avevo mai incontrato nessuna entità così forte dentro il corpo di qualcuno.
Stavo per svenire.
Cercai aiuto dentro di me.
Gaia.
Non rispose.
Poi ebbi il colpo di genio.
Gli sputai.
Rallentò la presa.
Poi commisi un grave errore.
Lui mi guardò, allentò la presa e mi disse non so in che modo.
Vado a trovarla.
Mi scaraventò per terra e svenni.
Mi svegliarono i genitori del ragazzo.
Dentro non aveva più niente. Niente di niente. Lo avevo liberato ma a quali condizioni?
Per la prima volta Micael, compresi che qualcuno mi aveva battuta. Compresi la sua forza. Compresi che lui sapeva tutto di me, di noi. Non di lei.
Ed io gliela ho gettata su un piatto di argento la sua identità .
Lui era “L'estremo”
Io a Londra semi svenuta.
Ed Alice a Firenze, in pericolo.
6 min.
Una faticaccia.
Tua V.
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