Mio Diario Demonio
(My Demon Diary)
Diario astrale dei cazzi miei
Nebulosa uterina incontaminata
Cap 1-4 Magic black Art
Giorno primario dei quarti secoli
Ciao Micael se mi leggi, hai superato con allegria il mio regalo. Oppure non mi credi.
Ma tanto ci devo credere io.
Oggi ti vorrei raccontare del mio profondo passato. Solo una parte piccola. C'è tempo per il resto.
Comunque dato che so già che non hai capito come funziona il Golem, semmai se ritrovi i miei vecchi scritti di magia , li è spiegato bene come funziona.
Ah già! Non sai dove sono? Te lo dirò in seguito.
Ti dicevo, ti voglio raccontare oggi che sono poco ingenuamente allegra, come si è sviluppata la magia in me.
Ricordi Dieshi? O si che te lo ricordi. Edimburgo, tutti all'assalto e giù botte.
Quando avevo cinque anni, lo sai vivevo li , in quel orfanotrofio, adesso in disuso. In pratica chiuso.
Ero una bambina non proprio per bene. Mi dicevano di fare una cosa, facevo apposta il contrario. Sempre e comunque.
Ed ero puntualmente sempre in punizione.
Mi punivano in modi brutali. Tant'è che ho imparato a farmelo piacere il dolore. E loro non si divertivano più.
Ed io li facevo arrabbiare sempre, ma sempre . Li sfidavo.
Cosi Il padre di Dieshi e Lui stesso decisero di provare a punirmi in altri modi. Facendomi paura.
Mi portarono nella foresta (E' molto bella lo sai?)
Mi legarono ad un albero con una catena e mi lasciarono li. La prima notte, a cinque anni non fu facile. Tanto che ho ancora i ricordi impressi. Ma la passai. Non piansi. Ero sfiduciata perché non sapevo come uscirne.
Il giorno dopo Dieshi mi portò da mangiare. (Ma allora avevano un cuore?)
Una piccola tazza con del cibo mischiato ad acqua. Sempre qualcosa.
Però dato mi vide per niente impaurita o piangente, decise di essere ancora più stronzo del solito.
Mi mise il cibo ad una distanza tale che non potessi arrivarci, qualunque sforzo potessi fare con il braccio, c'era troppa distanza.
Se ne andò via ridendo. Pensando che il suo lo aveva fatto. Che mi sarei pentita. Che il giorno dopo avrei chiesto umilmente scusa a tutti loro. Quella combriccola del cazzo.
Pensavano di potermi umiliare.
Passarono le ore. Non provai nemmeno ad allungarmi. Era distante quattro metri dalla fine della catena.
Ed avevo fame. Ne avevo tanta. E stranamente per quella volta subentrò in me disperazione. Che avevo perso. E loro avevano vinto.
Passò la notte. La mattina presto Dieshi venne a vedere. Mi vide impassibile e spostò la piccola tazza ancora più lontana.
Ed andò via ridendo.
Compresi che voleva uccidermi.
Verso il tardo pomeriggio cominciai a sentirmi male. Lo stomaco mi premeva. Urlava. La gola era arsa. Non bevevo se non la terra del bosco che era umida.
Guardai la tazza, sporsi la mano. Mi concentrai. Lo feci a lungo. Delle volte spariva. Ero io debole.
Stavo per crollare. Avevo sete. Non si può non bere per così tanto.
Allungai le dita come per chiamarla. Chiusi gli occhi pensai che fosse finita. Osservai con gli occhi chiusi il cibo, dentro il mio pensiero. Poi qualcosa mi accadde. Sentii un brivido dentro me. Tipo un formicolio dolorosissimo. Mai avevo provato un dolore così. E di dolore , credimi non sono scempia.
La piccola vaschetta si mosse.
Si.
Non stavo sognando. Si mosse verso le mie dita.
Che la disperazione mi abbia fatto questo? Probabilmente qualcosa in me era subentrato. Era scattato. Una capacità per sopravvivere.
Sono cose che non accadono nella normale quotidianità. Ma io stavo per morire.
Lentamente si spostava verso me. Barcollava perché il terreno non era pari. Così che mi fermavo, forse la tenevo dritta. La indirizzavo a me. Finché non l'ebbi in mano. E Micael credimi ti prego, non fu pasto più delizioso.
Ora sapevo cosa potevo fare. Finii tutto e riposi la tazza sul terreno. La spinsi al solito posto. Stavolta con più facilità.
Il giorno dopo Dieshi tornò con suo padre. (Che era più buono di lui.)
Forse pensavano di sotterrarmi. Di trovarmi morta.
Niente.
Mi videro allegra a giocare con la catena.
Mi chiesero se avessi fame e come stavo.
Io risposi “ Benissimo”
Guardarono sorpresi la tazza vuota. Poi corsero subito a controllare la catena. Mi controllarono pure il braccio, casomai avessi spezzato la giuntura al polso.
Niente. Tutto era perfettamente al suo posto.
Si presero paura.
Non per il fatto accaduto. Non sapevano cosa avevo fatto. Probabilmente pensarono che qualcuno mi aveva vista e mi aveva dato da mangiare o cose simili.
Che razza di idioti. Non pensarono neanche al fatto che la tazza era nel preciso punto dove l'avevano lasciata. Se qualcuno mi avesse portato da mangiare , avrei avuto la tazza vicina o mi avrebbe liberato.
Mi tolsero la catena e mi riportarono all'orfanotrofio.
Caro il mio Micael, fu quella la prima volta che ho scoperto di avere forza magica in me.
Adesso a distanza di tanti anni, quella catena l'avrei corrosa con qualche ingrediente , fatto al momento.
Sai amore, a proposito , il fatto di spostare le cose mi ha sempre divertito. Mi sono specializzata negli anni, ma ovvio non è che potessi mostrarlo in giro. Troppe domande. Troppe rotture di palle. Lo sai come va.
Delle sere e scusa se rido, eravamo a casa nostra a Firenze. Te dormivi. (Non voglio dire che stavi sempre a dormire) Erano le 4 di notte. Dormivi come tutti.
Io dormo molto poco. E se ti pare che dorma, faccio finta.
Comunque dormivi. A me non andava ne di scrivere, ne di creare cose, ne di leggere.
Ti guardavo sul letto.
Eri così carino.
Sono andata in cucina, ho preso un paio di forbici.
Te le ho puntate tirandotele.
Sai perché non ti sono arrivate?
Perché le ho fermate prima in aria, facendole cadere sul letto.
Volevo vedere se ti svegliavi.
Niente, un ghiro.
Perciò sempre da una bella distanza le ho richiamate a me. Sono scese dal letto come le tirassi con un filo.
Le ho riprese e te le ho ritirare. La seconda volta il gesto di blocco è stato più vicino al tuo volto.
In pratica le lanciavo poi quando le vedevo vicine a te , facevo un gesto con la mano e le deviavo.
Alla terza ti si sono appoggiate nel cuscino. Ho appena fatto in tempo , sempre dalla distanza , a trascinarle via. Ti eri girato e le avresti sentite sul viso appoggiandoti sopra.
La quarta volta, non so, forse in preda alla rabbia, te le ho tirate in modo più violento ed in modo simile , gli ho fatto cambiare direzione. Si sono conficcate sul pavimento.
Non ci hai mai fatto caso vero a quella incrinatura ?
Comunque a parte questo, come vedi non è mai stata intenzione ferirti .
Sono strana lo ammetto. Mi hai sempre detto, amo di te ogni cosa mi proponi.
Micael sinceramente se ti fossi svegliato ed alzato mentre arrivavano quelle forbici ,non lo se se mi cambiavi idea.
Con tutto il mio puro affetto, Ti voglio un grande amore.
Ciao Micael.
Alla prossima.
So che ce la farai.
Sarai ancora più incazzato ma ce la farai.
Baci.
Tua per sempre Valentina .
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