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Immagine del redattore: micaeljackobsmicaeljackobs

Il guardiano dei gatti


Prologo


Nessuno dice mai la verità

ed anche se fosse

ci sarebbe qualcun altro

pronto a tramutarla in bugia


7 parte


“Tormentor” Fu l'ultimo dei gatti che entrò in casa mia.

Lo chiamai così perché a differenza degli altri era sempre appiccicato alle mie gambe.

Quando entrò, quel Lunedì di Agosto, sentii il suo flebile miagolio in mezzo al frastuono che gli altri producevano.

“Tormentor” a dispetto del nome era un piccolo gattino nero; spelacchiato sulle orecchie e nella coda.


Il lunedì dopo attesi con trepidazione ed un po di follia qualche altro strambo randagio, suonare.

Ma non accadde;

Non accadde più.

Direi ci stabilizzammo a dieci gatti.

Feci un elenco per ricordarmi i nomi e le abitudini; oppure avrei perso la testa da quanti erano.

Geremia è stato il primo; e l'unico che dormiva ai piedi del mio letto.

Bianchino se ne stava come appollaiato in cucina; vicino al forno.

Sgorbio di solito si nascondeva sotto il divano e non usciva per ore.

Belzebù; che io temevo per la sua strana abitudine di guardarti male con quell'occhio solo; dormiva sul tappetino proprio davanti alla porta.

Forse credeva d'essere il guardiano della casa; non so, ma stava spesso li.

Manola non aveva un punto fisso; girellava spesso sopra il tetto. Delle volte dormiva anche fuori; quando faceva terribilmente caldo.

Schizzo, e già schizzo era ovunque; lasciava peli ovunque; sembrava una molla esplosiva sempre in movimento.

Una volta lo trovai dentro la pentola a pressione.

Volle la fortuna che ancora non l'avessi messa a scaldare.

Principe se ne stava tranquillo e beato sul lato est del divano.

Invece Gengis khan; il più grosso e temibile come forma; stava spesso nel retro della casa; vicino ad una vecchia caldaia non più in uso.

Purtroppo Tormentor stava sopra di me; sia quando preparavo loro da mangiare; sia quando dormivo (e ci sono stati momenti in cui credevo Geremia si sarebbe arrabbiato per quel privilegio concesso)

Tormentor veniva pure in bagno quando facevo le mie cose.

Robin hood invece pareva non dormisse mai.

Stava sempre ad osservare.

Ogni cosa che io facevo; lui pacato ma vigile; apriva un occhio e guardava.

Entravo in una stanza; mi voltavo e lo vedevo li immobile sulla sedia.

Apriva l'occhio destro, e mi osservava. Poi chiudeva il tutto e continuava a sonnecchiare.

Era inquietante tutto questo.

Era veramente inquietante.

Ma a parte la gestione familiare del sonno dei gatti;

mi resi conto con il tempo che ,soprattutto sfamarli ,era diventato un costo più che oneroso; anche perché il mangiare in questione era lo stesso di cui io mi nutrivo.

C'erano dei giorni che stavo ore al centro commerciale per fare la conta di quante mele oppure di quanto pesce c'era bisogno in casa.

I commessi mi guardavano stupiti pensando che avessi una famiglia molto allargata.

Se avessi detto loro:

“No! So gatti! Ma mangiano come leoni”

Chissà cosa avrebbero risposto.

Una sera; e questa è giusto ricordarla; eravamo a tavola tutti ed undici.

Nel frattempo ovviamente avevo dovuto rimediare ben altrettante sedie e comprare un tavolo più lungo.

Eravamo li come al solito.

Il piatto del giorno era sogliola.

Sogliola per undici.

Io e dieci gatti.

Come tutte le sere prima di mangiare; i gatti usavano salire sulla sedia; e dopo aver allungato le zampe sul tavolo, rimanevano li immobili ad osservarmi.

All'inizio la cosa mi terrorizzò e non poco; poi compresi che aspettavano un mio segno.

Una partenza.

Dicevo loro:

“Forza! Possiamo mangiare”

I gatti toglievano le loro zampette dal tavolo e con estrema facilità si accucciavano sulla sedia e mangiavano quello che io pazientemente avevo riposto in ogni ciotola.


Quello sera però successe qualcosa.

Qualcosa di strano.

Di incredibilmente strano.


V.

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