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Capitolo 11/12

Immagine del redattore: micaeljackobsmicaeljackobs

11/12


Premessa


Questa storia è vera

c'è solo realtà qua dentro

nessuna fantasia

niente di virtuale

anche se avrei voluto tutto fosse

qualcosa che mai è accaduto

Ma non è così e se adesso scrivo è per avervi in parte

anche se capisco che ormai tutto è perduto.


Firenze


La sera prima guardavo Valentina preoccupato. Preoccupato per ciò che il giorno dopo dovevamo fare.

Eravamo io e lei soli, finalmente.

In quei momenti di rara tranquillità familiare definita “normale”.

Televisione accesa, bambini fuori che facevano frastuono. Ma a noi non davano noia.

Non so se Valentina in quel momento pensava ad un nostro bambino. Non so perché mi venne in mente quella sera . Adesso l'ho voluto ricordare.


Eravamo seduti a cena. Pizza con patatine. Birra e Vino. Un mix non proprio da tre stelle Michelin, ma a noi che importava?

La osservavo e per quanto era bella , non ne coglievo il confine di quel mio sentimento.

“Valentina domani allora sei decisa?” Chiesi.

Lei alzò il volto dalla pizza. Sorrise.

“Micael, stai tranquillo. Sono cose semplici. Innocue. Lo facciamo per un amico no?” Disse.

Io annuii poco convinto.

Poi feci una domanda stupida.

“Ma non è che sei una strega?”

Valentina si mise a ridere di gusto.

“Tu sei sempre dietro alle definizioni Micael. Sei cosi preciso. Lineare. Forse troppo delle volte” Poi si fermò e mi baciò sulla bocca.

“Non ti offendere.” Mi disse.

“No figurati.” Continua. Spiega. Fammi capire.” Chiesi.

“Ci sono persone che nascono con cose diverse. Con atteggiamenti verso il mondo , diversi. Persone alle quali sta stretto tutto. Ma nel loro disagio si sostengono con cose che hanno imparato perché scovate da dentro.” Sospirò un po.

“Io mi sono dovuta difendere. Lo vedi anche te Micael dai!”

Io la osservai preoccupato.

“Lo vedi anche te come interagisco in certi momenti. Con quanta difficoltà lo faccio. Ma non mi dici niente perché sei un amore.”

Stetti per dirle cose troppo dolci che mi fermò subito.

“Non so Micael se mi amerai per sempre. Non credo di meritare così tanto.”

Pensai che la situazione divenisse imbarazzante. Ma Valentina sorrise e quei pensieri se ne andarono.


Il giorno dopo


Ore ‪22:00‬


Cenammo insieme tutti e quattro.

Samuel pareva rinfrancato; faceva pure battute su di me o su Angel.

“Siete due gay!” Disse. “Non verrà nessuno. State tranquilli fifoni” E rise.

Io lo guardai come per dire lui : “Ma lo vedi con chi sto? Cioè la hai davanti , è la mia ragazza”

Poi preso da un senso ironico del gesto, lasciai correre.

Valentina appoggiò la mano sul tavolo e ci disse delle cose che dovevamo fare e quelle che non dovevamo fare.

Ci spiegò la procedura che lei definiva : “Useremo una procedura non standard”

“Perciò luci accese. Niente cacate di candele!”

Ridemmo.

Ci guardò male tutti.

“Se vi dico così perché queste cose le ho già fatte” Sottolineò un po arrabbiata.

“Non è che stiamo giocando ad un Risiko del cazzo! Capito?”

Ci tirammo indietro da ogni futuro commento.


Valentina tirò fuori la tavoletta dalla borsa.

“Ah Giovini. C'è un piccolo particolare che ho omesso!” Ora rideva.

Mi guardò.

“Scusami Micael” mi disse.

“Per cosa ? Risposi.

Prese dalla borsa qualcosa. Uno spillo.

“Bisogna nutrire la tavola!” Serve un po del nostro sangue. In tutte le lettere.

“Ti pareva!” Dissi.

Ma non so come, ero preparato. Un po meno gli altri due. (Strano)

Bevvi un bicchiere di vino e dissi: Il vino fa sangue ora puoi togliere.

“Scemo!” e mi premette lo spillo sul pollice.

Angel teneva le mani dietro.

“Dai Grullo di un maniaco angelico! Ora non lo fai il ganzo con le ragazze vero?” Gli disse.

Samuel rise ed indico Angel prendendolo in giro.

“E va bene! Va bene! Prenditi sto sangue reale!”

Poi toccò a Samuel che non disse niente.

Per ultima Valentina.

Le nostre dita con quella goccia di sangue sopra.

“Ora non sprecatelo tutto su una lettera. Passate sopra lievi .” Ci disse.

Il Sangue non bastò per tutte le lettere.

Valentina si punse altre tre volte. A lei non importava niente. Come se non sentisse dolore.

Finimmo quella procedura.

Ci sedemmo per bene.

Poi lei ci osservò tutti quanti e spiegò un'altra cosa.

“Lo vedete questo?” Mostrandoci un piccolo pezzo di legno a forma di goccia (per farvi capire meglio come un plettro ma più grosso.”

“Questo ci condurrà tra le lettere. Poggiateci sopra il dito ferito e non vi muovete.” Concluse così.

Devo dire che la tavola era piccola. Quel pezzo di legno anche e mettere quattro dita sopra da quattro parti diverse era alquanto difficoltoso.

Angel pareva divertirsi. Rideva. Faceva battute.

Anche io vedendolo feci un sorriso.

Valentina ci urlò.” Silenzio! Cazzo!”

Un po' ci rimasi male. Non l'avevo mai vista così. Ma poi ho capito perché lo era.


“Scusate Ragazzi, rideremo dopo ma qui la cosa si fa seria.” Proseguì. Prima che io mi concentri, un'ultima cosa . E' la cosa più importante. E Quando vi dico la più importante, vuol dire che mi dovete ascoltare ora.” Si fermò un attimo.

“Quando io evocherò chi sappiamo, voi non dovete desiderare niente. Mi spiego meglio. Non pensate a ciò che vorreste. Non lo fate.”

Annuimmo senza capire la cosa. Ma ci pareva già molto incazzata,

Valentina mise il pezzo di legno sulla A.

Poi chiuse gli occhi e recito delle formule a noi sconosciute in una lingua che ancora devo capire , dove provenisse.

Io chiusi gli occhi.

Non accadde niente.

Feci un segno a Valentina con l'altra mano se potevo tenere gli occhi chiusi. Disse di si.

Poi parlò di nuovo.

“La lingua che abbiamo scelto per evocarti è l'italiano”

Trasalii ma non dissi nulla.

“Stiamo cercando la madre del ragazzo che sta alla mia destra. Fatele il passaggio per farla venire a me.”

Sempre in rigoroso silenzio.

“Abbiamo versato il tributo per un breve passaggio. Lei riconoscerà suo figlio. Fatela venire a me.”

Sentii un brivido da quelle parole. E il pezzo di legno si mosse velocissimo.

Fece quattro lettere

ROSA

“Ma che cazzo?” Disse Samuel.

“E' il nome di mia nonna. Che significa?”

Valentina gli fece un gesto.

“Noi abbiamo dato un piccolo tributo, datele il passaggio a noi”

Poi ripetette con più enfasi urlando

“Io ho chiesto in rispettoso tributo il passaggio . Lei ascolterà suo figlio”

E li accadde la cosa più orribile

abbia mai provato.

Un senso di nausea fortissimo.

Le nostre dita appena poggiate su quel pezzo di legno. Neanche lo premevano. Si mossero e feci fatica a seguire le lettere.

Per poco non staccavo il dito. Mi sentivo male. Avevo voglia di vomitare.

Scrisse in italiano. Ma solo Valentina comprese. Era troppo veloce.

FATEMIENTRARE.

E si spense la luce. Da sola.


Fine della puntata

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