Poets of the Dark
Capitolo 3 Samuel Abadia
Era il 20 di Novembre del 2001 dentro una giornata piovosa, finite le lezioni alla scuola per stranieri in Via san Gallo, mi ero rifugiato in un caffè letterario molto carino che, oggi purtroppo non c'è più.
I tavolini erano sparsi in modo non troppo lineare nella grande sala centrale; poi c'erano due ulteriori salette, che io non frequentavo mai, in quanto i libri in quelle zone erano di letteratura straniera, soprattutto inglese e francese.
Non ne avevo bisogno dato che la mia lingua natia è l'inglese, mia madre parlava correttamente il francese, e mio padre che aveva parenti in Romania, parlava pure Rumeno dialettale.
Ed in questo contesto di lingue, io mi dilettavo all'apprendimento dell'italiano e della sua splendida letteratura degli anni 900.
Ero seduto da solo in un tavolo con quattro sedie, di cui tre vuote, vicino al bancone del bar; dove un vecchio barista fumava sigari a non finire.
Il libro che avevo in mano, probabilmente un dono di qualche scuola a quel caffè, era un libro di poesie; una raccolta. Mi ero soffermato sul opera di Giacomo Leopardi “La quiete dopo la tempesta” del 1829, quando dalla stanza a lato, quella per intendersi della letteratura straniera, un ragazzo , di corporatura robusta con altezza che sarà stata di un metro e 80, si avvicinò a me e si sedette.
Forse in quel caffè si usava fare così; sedersi dove capitava, fregandosene se quel tavolo era impegnato , e non facendo caso che la metà del locale aveva tavoli liberi; poi mi disse: “ Scusa l'invadenza, posso?”
Io lo guardai come per dire lui “ Tanto ti sei già seduto” ma stetti zitto e annuii un si.
Ripresi la lettura elaborando la seconda parte dell'opera, quando sentii le sue parole echeggiare qualcosa di strano sulla poetica italiana, ma non compresi in quale lingua; poi disse due frasi in latino , compresi che lo era ma non tradussi il loro significato in italiano; poi si fermò.
“Scusa ma non ho capito” Gli dissi. “ Stai parlando con me?” Proseguii.
“Piacere Mi chiamo Samuel Abadia e ti stavo osservando da prima, quando ero seduto nella saletta anteriore”.Concluse.
Sinceramente all'inizio pensai a qualche singolare personaggio uscito da una dimensione parallela, oppure un alieno nascosto da secoli per secoli in quelle logore librerie, che voleva rapirmi perché assetato di conoscenza terrestre; ed io, secondo i suoi ideali, ero la vittima perfetta.
Poi tornai in me, e notai che guardava il libro che stavo leggendo.
“Ah” Dissi “Vuoi questo da leggere? Non c'è problema” Continuai.
La sua statura era possente, il suo volto cupo con lineamenti non troppo morbidi. Penso avesse almeno due anni più di me, pertanto sui diciannove , ed era meglio assecondarlo.
Samuel fece un gesto con la mano, come per dire “ Non non importa tienilo” L'ho letto Conosco quel libro, conosco Leopardi” Ma non disse niente di tutto questo. Sono io che immaginai la scena.
Si limitò ad osservarmi e poi con un cenno della testa, mi indicò il bancone del bar.
“Una birra?” Disse.
Risposi che non ero un gran bevitore, e poi i miei non volevano che bevessi quando ero solo, perché nello stato confusionale che poteva prendermi, rischiavo di non trovare più la via per casa.
Effettivamente ripensando oggi alla frase del cazzo che gli dissi, non lo biasimo se si mise a ridere dandomi una pacca su una spalla.
“Dai offro io” Mi disse. “ Mi interessa ciò che leggi, sei un poeta anche te?” Proseguii.
“Piacere mi chiamo Micael Jackobs “ Riposi giusto per cortesia; “ e no ,non sono un poeta; anche se mi piacerebbe scrivere;”
“Ottimo” Rispose.
Lo guardai annuendo. Poi riflettei “Ma cosa voleva da me?”
“Allora ordino due birre? Offro io tranquillo” insistette con la sua richiesta.
“Ok” Gli dissi.
“Ma solo una birra sennò divento alcolizzato” Continuai.
“Certo! Certo” Rispose divertito; Poi continuò “ E non preoccuparti non sono un pervertito, ne mi piacciono gli uomini! Anzi guarda quella là che è arrivata ora al banco” Proseguì.
Mi Voltai abbastanza imbarazzato, come per farlo contento di questa sua inutile e quasi infantile condivisione.
Mi voltai solo un attimo, neanche troppo; per non fare figure idiote nel caso la ragazza di cui il mio nuovo amico “imposto”,mi diceva, si fosse voltata a guardarci.
Sbiancai completamente. Come una statua di marmo grezza parve divenire la mia pelle.
Samuel si accorse di questo mio malore e mi disse: “ Che c'è? La conosci?”
Non riuscivo a respirare; presi un enorme sorso di birra per togliermi di dosso quel pensiero; abbassai lo sguardo sul bicchiere. Sentii in sottofondo Samuel che sussurrava “Ma non è che ti piace vero?” Perché l'hai guardata con degli occhi” Sottolineò.
In che incubo ero finito? Pensai.
Le sue parole divennero ovattate; poi sempre più distanti. Bevvi ancora. Presi il suo bicchiere e bevvi pure quello.
Poi accadde il cataclisma.
La ragazza di cui tanto si era interessato Samuel, non so per quale strano motivo, e sinceramente non l'ho mai saputo; si mise a sedere tra me e lui; poi disse:” Allora ragazzi! Che si legge qua? Sono da poco a Firenze e mi sto sinceramente rompendo le ovaia ed anche qualcosa di più profondo” Proclamò.
Così una ghigliottina parve tagliarmi la gola, oltre a tutti i sensi.
La ragazza mi guardò e continuò a parlare; “Ma te non sei quel ragazzo che qualche giorno fa voleva farmi smettere di fumare?”
Piacere mi chiamo Valentina e scusa per l'altra volta; ero più di la che di qua e non sempre il di la è spiacevole, lo sai?” Concluse.
Un colpo di tosse mi svegliò dal torpore nel quale ero caduto.
Samuel mi osservava in silenzio quasi interessato da quella mia reazione; Valentina pure;su di lei però non giurerei fosse interesse.
Allora dissi l'unica cosa che mi venne in mente in quel apocalittico momento.
“Un altra birra?”
M.J
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