POETS OF THE DARK
(Dietro le quinte dell'anima)
1
5 anni fa (circa)
Un ragazzo di 31 anni già compiuti stava seduto in un bar di periferia. Giubbotto di pelle , pantaloni di jeans un po strappati (ma non troppo). Capelli molto lunghi semi lisci tendenti al nero/tenebra.
Una sigaretta non accesa sulla mano destra, un boccale di birra sulla sinistra.
Guardava la ragazza del locale servire.
Era bella. Avrà avuto sui 25 barra 26 anni. Ne dimostrava quelli giusti.
Quel ragazzo la guardava con occhi nel vuoto. Accanto a lui altra gente beveva disinteressata del prossimo. La vita spesso è così. Sembra un film fatto male, con finale amaro, sempre amaro , tendente all'acido. Ordinò un'altra birra, dopo aver bevuto due calici di vino e la birra di cui al capoverso precedente.
Liquido che andava giù come se nulla fosse. Come se quel movimento, quel moto a luogo del ingerire sostanze liquide e alla lunga nocive, non preoccupasse il proprietario di quel corpo trasandato.
Il ragazzo guardò quella ragazza al bancone che si dava un gran da fare per servire tutti. Il locale era affollato. Le fece un gesto come per dire “Posso accenderla?” “Si Può fumare?”
Sapeva benissimo che ne era vietato. Lo sapeva ma amava le sfide. Amava i “No” I dinieghi. Amava tutto quello che avrebbe comportato mancanza.
Le fece un sorriso come per dire lei “ Ti prendevo in giro” . Lei contraccambiò. (Forse tipico del suo lavoro, sorridere, sempre sorridere).
Il ragazzo prese dallo zaino, un foglio, una penna. Fece di tutto per farsi notare, quando iniziò sul bancone a scrivere qualcosa.
Fu velocissimo. Chiudeva gli occhi ogni dieci secondi, poi li riapriva e scriveva. Poi si fermava.
Poi scriveva ancora.
Guardò quelle frasi tante di quelle volte. Poi osservò la ragazza che adesso pareva incuriosita.
Forse credeva scrivesse per lei.
Poi pensò tra se e se che i poeti sono sempre dei grandi paraculi; perché hanno l'arte di impostare le convinzioni altrui, dentro la frase creativa della propria appartenenza. Ma non è il mio modo di esprimermi. E' troppo complesso così. Perché a volte l'apparenza inganna. E lo fa con superficialità disarmante.
Quel ragazzo si alzò dal suo posto a sedere, forse stanco di gente, anime perse, forse mai trovate o di altro. Voleva stare solo.
Uscì dal locale. Si accese la sigaretta e guardò verso la strada.
La macchina stava li aspettarlo. Niente di che. Una macchina come tante, penserete nera, invece era rossa. La marca che importa se non la sapete immaginare. Era comunque li. Lo aspettava.
Aprì la portiera e rimase in contemplazione del niente. Definito silenzio della notte, quiete, freschezza dell'aria circostante, dato il mese, e lieve vento tra i capelli.
Accesa partirono. Era solo una fermata per un breve tragitto. Un tragitto che faceva spesso.
Erano le 22:30 circa quarto d'ora più, quarto d'ora meno. Si fermò dieci minuti dopo.
Sorrise.
Amava i cimiteri. Quelli aperti. Quelli di campagna. Quelli dove il contatto reale con l'aldilà, si ascoltava tangibile nel cuore e nella mente.
Iniziò a camminare. Lasciò la macchina aperta. Tanto chi se ne frega. Si aggirò tra vecchie lapidi.
Non ce ne erano tante. Alcune abbastanza imponenti per un paese. Altre più nascoste, più umili nell'oblio del riposo. La vide. La guardò. Lasciò il biglietto. Fece una carezza , appoggiando la mano su quella pietra.
Penso che era stato fortunato. Non ci sono più le lapidi di un tempo. Soprattutto non ci sono più le ideologie di una volta, ed i posti di una volta.
Tornò in macchina e si mise a fumare di nuovo guardando il cielo stellato. (Ma quanto romanticismo) . Poi abbassò il sedile e sempre fumando, chiuse gli occhi. La notte lo portò con se.
La mattina un po meno.
Infreddolito, con le ossa che scricchiolavano dal freddo. La brina sulla maglia con la scritta “Master of Puppets” e qualche imprecazione in più per alzarsi.
Scese dalla macchina e aprì il bagagliaio.
Forse aveva nascosto un cadavere e lo voleva seppellire al cimitero?
Sarebbe da idioti aspettare la mattina. Poteva farlo la sera.
Non fu niente di questo. C'era una borsa termica con del mangiare, del vino, un po di tovaglioli.(Un po tanti)
Prese il tutto e chiuse la macchina.
Tornò dalla lapide di ieri sera. Poi si mise a sedere proprio davanti. Cominciò a cercare nella borsa termica. Mise i tovaglioli per terra per formare una specie di tovaglietta.
Iniziò a mangiare. Poi bevve da quel fiasco da un litro e con un gesto fece un augurio al proprietario di quell'abitazione ormai non terrena. Osservò per terra il biglietto che aveva lasciato la sera prima .
Prudenzialmente lo aveva messo sotto un sasso. Ovviamente era ancora li.
Gli spiriti non giocano in quei periodi o con i gesti importanti.
Lo aprì e lo lesse:
“Sono qua”
“Non è la prima volta, non sarà l'ultima”
“Ma sono qua”
“Non sto bene ovviamente, ma credo te stai peggio”
“Forse non so, vedremo quando ti raggiungo”
“Sai non so più scrivere”
“Volevo farti un requiem, amplio e pomposo”
“Invece sono solo due cazzate”
“Comunque buon natale Angel.”
“Jacopo, amico mio.”
era il 25 Dicembre del 2013 ore 07:30 di mattina
ed io ero li con lui
mi chiamo Micael Jackobs
e questa è la mia storia.
Nota a margine
Quando ho concluso Poets of the dark ho pensato: Può davvero finire così?
Mi chiedo se la poesia debba morire .
Mi chiedo se i ricordi muoiono. Certo li puoi sotterrare nel più recondito spazio della memoria.
Li puoi omettere al cuore, farlo battere per altro. Che sia finzione o simile alla realtà, lo distogli da ciò che sempre ti è appartenuto.
Io sinceramente non me la sento di continuare qua, se non continuo Poets of the Dark
Perché ciò che mi alimenta, sono anche coloro che non ci sono più. Con maggiore Certezza che non torneranno.
Volevo andare oltre. Volevo farvi capire , sempre se qualcuno vorrà capire veramente, il perché nascono certe cose, opere, poesie. Da cosa sono dettate, come si costruiscono, che rappresentano.
Perché dentro ognuno di voi, esiste un luogo, dove prima o poi farete campeggio.
Non so cosa riuscirò a mostrare qua dentro. Vorrei fosse un dialogo aperto tra me e voi . Un viaggio , con tanti ritorni .
So anche che vorrei non essere dimenticato. Ma badate bene, non per me. Per l'esempio che io porto. Per il messaggio che io ogni giorno cerco di trasmettere ad un mondo veramente così ostile alla mia vista. Cosa scriverò qui non lo so adesso.
I veri poeti, scrivono senza dover chiedere cosa scrivere.
Dipingono con i colori dell'intensità del momento. E sono pastelli che raramente si comprano o si trovano nei mercatini a giro. ( neanche dagli usati )
Sono emozioni, che non potremo mai toglierci di dosso. E scriverle, dare loro un impronta, condividerle con voi, in questo mondo sociale pieno di tanti “Like” Pieno di tanti “Cuori”
Pieno di tanta gente che osserva e vuole farsi osservare perché ha solo voglia di non stare sola.
Di persone che si dimenticano che esprimere con una parola , con un concetto senza doverlo trovare in una condivisione , il loro vero modo di sentirsi, di essere , è diventata cosa rara.
Era Natale, 25 Dicembre del 2013 colline di Firenze. Residenza Primaria di Dark Angel Alias Jacopo (cognome che non posso rivelare) ed io in pratica, io in subaffitto.
Un giorno lui mi disse :”certo che io sono un egocentrico popolare, ma te Micael in quanto ad egocentrismo , rasenti la perfezione .”
Fine della prima parte.
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